Sogniamo un mondo senza pro-life
di Giulia Nanni
Il movimento pro-life si compone di tutte quelle realtà – internazionali e nazionali – che si oppongono all’aborto. Tali organizzazioni sostengono di voler difendere la vita dal concepimento alla morte naturale e la famiglia uomo-donna fondata sul matrimonio, riaffermando così una visione della dignità della persona in linea con la legge, appunto, naturale. Ovviamente, cosa ci sia di naturale nel matrimonio e nella monogamia, non ce lo hanno ancora spiegato.
Ma nella comunicazione che punta alla pancia, lo sappiamo, le spiegazioni non servono. L’utilizzo ridondante del termine naturale intende riportare a quell’idea di giusto e sbagliato astorica e assumibile come dato oggettivo. Dall’altra parte, invece, la cultura della morte. Sofferenze e sensi di colpa per l’uccisione – a loro dire – di una vita: il feto. Abbiamo tutte e tutti presente almeno una campagna di comunicazione in cui vengono attribuiti pensieri a sistemi nervosi che non sono in grado di formularli e parole a feti che non hanno capacità di parola. Eppure i pro-life, allo stesso modo del rassicurante ‘buon padre di famiglia’, sanno. Sanno cosa pensano i nostri feti ancora prima che possano davvero farlo e sanno cosa è meglio per noi, per le donne tutte, nessuna esclusa.
Noi, dal canto nostro, abbiamo meno certezze: non sappiamo se avremo mai un mondo senza pro-life. Quel che sappiamo è che non smetteremo di sognarlo.
E i nostri sogni, si sa, non si fanno chiudere nei cassetti.
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