Libere di migrare
FATE le STREGHE, numero 9
in questo numero
Libere di migrare
“Le donne migranti sono donne resilienti, sopravvissute a un viaggio al limite della vita e a un nuovo inizio
in un altro “mondo”. Sono donne che esistono, resistono e vanno avanti, un valore aggiunto portato alla
nostra società in termini di forza, di coraggio, creatività e conoscenza.
Dovremmo prendere esempio da queste donne, chiedere consiglio, ascoltare, discutere, creare e costruire.
Senza dimenticarci di riconoscergli il tempo e lo spazio di ricomporsi.”
Giusy Coronato
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fatelestreghe@associazionerising.org
GLI ARTICOLI
Donna migrante
di Giusy Coronato
È Kafayat, Blessing, Saadia, Hodan, Olena, Fatima e Alima. La donna migrante è la mamma che vuole offrire un futuro migliore al figlio disabile, è la donna che ha perso la casa, la famiglia e tutti i suoi beni a causa della guerra, è la donna che non è libera di amare un’altra donna. È colei che scappa dalla violenza di un marito, è quella a cui piace studiare e che vuole avere la possibilità di scegliere il proprio lavoro, quella che affida i figli alla famiglia e va in cerca di fortuna per farli andare a scuola.
Lettera aperta del CIPA per contrastare il clima di intolleranza e disumanità che si sta diffondendo nel nostro paese
di Giulia Nanni
L’Associazione RISING ha sottoscritto la “Lettera aperta del CIPA” e sceglie di pubblicizzarla poiché anche noi preoccupate per il clima d’intolleranza a cui assistiamo quotidianamente. L’intolleranza nei confronti del diverso e della diversa da sé è in evidente aumento a la conseguenza, del resto già in essere, si manifesta con una sempre maggiore riduzione dei diritti.
5×1000 2019
di Giulia Nanni
Come ogni anno è possibile destinare il proprio 5×1000 a RISING Pari in Genere. Basta indicare il codice fiscale 97816800581 e firmare nell’apposito riquadro della dichiarazione dei redditi. Un gesto che non costa nulla e che rappresenta un aiuto concreto per sostenere le attività dell’Associazione.
La violenza dell’indifferenza
di Elisa Guerriero
Un antico proverbio degli indiani Sioux recita: “prima di giudicare una persona cammina tre lune nelle sue scarpe”. Non esiste immagine migliore per affrontare e comprendere il tema delle migrazioni. I dati statistici a livello internazionale ci testimoniano un mondo estremamente dinamico: milioni di persone in movimento che attraversano confini nazionali per i motivi più diversificati. C’è chi si sposta per pochi giorni e chi per sempre; chi scappa da guerre, chi dalla fame e chi semplicemente per affrontare nuove esperienze. Milioni di persone, milioni di storie e milioni di legami familiari. Non è possibile comprendere il mondo delle migrazioni senza assumere un atteggiamento empatico, provare a capire l’altro immaginandosi l’altro stesso, indossando le sue scarpe.
Sicurezza e immigrazione: donne che resistono
di Giulia Maraone
Le recenti politiche sul tema dell’immigrazione mettono in luce la volontà di perpetrare con maggiore forza ideologie che tentano di inseguire quello che viene storicamente definito controllo sociale. Numerosi gli autori e le autrici che hanno nel tempo teorizzato a riguardo e analizzato eterogenee sfaccettature presupponendo tesi divergenti. Assumiamo quindi come focus la stretta correlazione tra controllo sociale e discriminazione istituzionale, connessione che maggiormente rispecchia il clima socio-politico e culturale che innanzi ci appare. Ben note alle donne e ai movimenti femministi le teorie e le pratiche che ne sono a fondamento.
Cloaks
di Mara Becchetti
Progetto Aisha
di Shaimaa El Roubeigy
Una donna può emigrare sia da sola che con la propria famiglia d’origine o con il marito. La maggior parte delle donne che ho conosciuto sono emigrate in Italia per ricongiungersi con il marito, sia con figli che senza. Se mi dovessi mettere nei panni di una di loro, avrei un misto di sensazioni tra felicità ed euforia e al tempo stesso paura. Paura di affrontare questo grande cambiamento: nuovi volti, usanze, lingua a me sconosciuta.
Parole d’ordine: condivisione, conoscenza, trasversalità e irriverenza
di Anna Brambilla
“I miei parenti volevano a tutti i costi che diventassi musulmana, ma io ho un altro desiderio: voglio essere cristiana, mi piace cantare i gospel in chiesa. Loro lo volevano a tutti i costi, così sono scappata da casa senza salutare nessuno” (Lilian – Nigeria)
Non so se Lilian abbia realizzato il suo desiderio. La sua testimonianza mi arriva dalle pagine del libro “Erano come due notti” di Else edizioni. Raramente i sogni e i desideri trovano spazio nelle storie delle donne migranti che ascolto come avvocata. Domando, approfondisco, cerco di trovare soluzioni. Raccolgo dolori, qualche volta speranze, quasi sempre bisogni concreti: un permesso di soggiorno, un luogo dove stare, un lavoro per poter vivere. Solo nei luoghi di transito, dove è la volontà delle persone che si incontrano è quella di non fermarsi in Italia, il tempo e lo spazio della relazione ti consentono di chiedere altro: dove vuoi andare? Chi vuoi raggiungere? Cosa vuoi fare?
Roxanne: sostegno e reinserimento delle sopravvissute alla tratta
di Daniela Moretti, Servizio Roxanne
Quando si parla di violenza sulle donne la mente va automaticamente alle tante donne che ogni giorno perdono la vita o portano su di sé e con sé i segni indelebili della violenza subita dai propri compagni. Molti sono però i punti di contatto tra questa violenza e quella che subiscono le donne che vivono sulle strade delle nostre città, per lo più immigrate, costrette quotidianamente a vendere il proprio corpo. Roma Capitale ha attivato dal 1999 un “Programma integrato di interventi sulla Prostituzione” finalizzato alla “conoscenza del fenomeno, alla riduzione del danno, a un’azione di contrasto alla prostituzione coatta, a un’azione di sostegno sociale, a un’azione di prevenzione e di informazione sanitaria”. La realizzazione del programma è stata affidata al Dipartimento Politiche Sociali – Servizio Roxanne. Sono stati attivati interventi di contatto in strada, uno sportello di orientamento, due case di fuga, e successivi programmi di semi autonomia.
Marwa che studia la vita
intervista a cura di Barny Muheddin Hagi Bascir
Marwa è una ragazza siro-palestinese di 19 anni e ha vissuto, nonostante la sua giovane età, le atrocità della guerra. La prima cosa che ti colpisce di lei è il suo sguardo vivo, speranzoso, e la voglia di raccontarsi per dare voce e fisionomia alle tante persone che come lei chiamiamo distrattamente migranti. Ci incontriamo nella sede di Laboratorio53 e inizia la nostra intervista.
Qual è il tuo paese d’origine?
Sono nata a Damasco in Siria, dove ho vissuto fino all’età di 14 anni. I miei genitori hanno origini palestinesi.
Quali sono le ragioni per cui hai deciso di lasciare la Siria?
Costrizione e resilienza
di Simone de Simone
Costrizione e resilienza credo siano le parole e i concetti che meglio esprimano quanto la figura della donna migrante forzata ci possa restituire. È ciò che mi suggerisce intuitivamente l’esperienza di lavoro sul campo con donne e uomini migranti forzati incontrati in questi anni.
Le donne appunto: Mhret, Sunday, Suraya, nomi e provenienze diverse che ci raccontano storie di vita e di migrazione differenti. Tutte però segnate da tratti comuni che ne hanno determinato il destino migratorio caratterizzato da violenza e costrizione.
Scritte d’odio su web
di Zdenka Rocco
Cara @m***, hai scelto di veicolare con un post pubblicato su un tuo profilo social il tuo pensiero politico di tolleranza e accoglienza. Scrivevi dell’importanza di aprire i porti italiani alle persone migranti, a quanti richiedono il nostro aiuto, con l’unica colpa di sperare e sognare il futuro. Un maschio ti ha risposto.
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