La scritta che non c’è
di Zdenka Rocco
La scritta è quella che non c’è, dedicata alla donna che quella figlia, quel figlio, li ha partoriti. Mettendo sé stessa e il proprio corpo in uso e in gioco. Nei nove mesi della gravidanza, nelle ore del parto. Nelle lunghe, ripetute, sedute di allattamento, ancora viste con diffidenza se fatte in pubblico.
Quando nasce una bambina, un bambino, fuori dal reparto maternità babbi, zie, zii, pure nonni e nonne, ingannano il tempo segnando sui muri le ore dell’attesa. E celebrano la nascita incidendo sulla parete il nome della bimba, del bimbo. Le attenzioni tutte per loro, creature appena venute al mondo. Lì accanto una donna appena nata madre. E il suo corpo, dolorante e provato dal parto. L’istinto materno deve manifestarsi subito, senza incertezze. Quel corpo deve continuare a plasmarsi: da una parte le esigenze prepotenti del figlio, dall’altra quelle della società. Da lei ci si aspetta un rapido recupero psicofisico, si ammette la sua stanchezza, si rimprovera la sua malinconia. Si tollera che sia in sovrappeso durante l’allattamento, si biasima se il sovrappeso perdura. Si è lasciata andare, si dice. Dove sia andata, nessuno lo vuole sapere.
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