La libertà di essere: il nostro corpo, la nostra storia, le nostre scelte
di Ilaria Cianci
“La mia rivoluzione inizia nel corpo […]. Può essere graduale e morbida, può essere spontanea e rumorosa, potrebbe essere già in atto. La potresti trovare nel tuo armadio, nei tuoi cassetti, nel tuo stomaco, nelle tue gambe, nel moltiplicarsi delle tue cellule […]. Avviene gradualmente e all’improvviso, avviene dove vivi e ovunque”.
Le parole di Eve Ensler ci ricordano che la via del cambiamento parte da sé e dalla consapevolezza del proprio corpo, è un movimento che proviene da dentro e che si espande verso l’esterno, verso la società, verso il mondo. Il corpo racconta la nostra vita ed è la nostra storia. La società ci educa a considerare il nostro corpo come qualcosa che ci è stato affidato e non come qualcosa che siamo, e da qui deriva la scarsa conoscenza che abbiamo di noi stesse/i e della nostra fisicità. Il corpo è spazio e tempo, luogo dell’esperienza personale, della memoria, della creatività, dell’invenzione, della lotta.
Dalla nascita del movimento femminista, il corpo delle donne inizia a emergere e diventa protagonista della sfera politica e sociale, partendo da quella personale. Le donne cercano di “immaginare nuovi modi di vivere, di sentire e di pensare il proprio corpo e di trovare chiavi di accesso alla propria sessualità, [..] costruendo gli spazi per farlo e inventando strumenti per la conoscenza di sé stesse, di cura e di soccorso reciproco” (L. Percovich). Prima riunendosi nelle case, poi in sedi condivise con gli altri gruppi del movimento, e in seguito in luoghi autonomi, che furono chiamati consultori e centri per la salute, e che crearono, quasi contemporaneamente nelle diverse città d’Italia, un Movimento Per la Medicina e/o per la Salute delle Donne e la pratica del Self-Help.
Il corpo diviene uno spazio politico, un corpo politico, non solo in riferimento alle battaglie legislative (quali il divorzio, l’aborto, il diritto di famiglia), ma soprattutto inteso come un luogo in cui la persona, il corpo, la sessualità, la vita affettiva, i legami familiari, vengono riportati dentro la storia, la cultura, la politica, dove sono sempre stati. Il corpo viene considerato nella sua interezza, come soggetto della politica specialmente nella sua dimensione di essere con gli altri. L’esperienza del movimento femminista ha operato un mutamento radicale nel modo di pensare e di sentire il corpo che acquisisce un ruolo centrale sia nella sfera privata che in quella pubblica. Per la prima volta nella storia, con l’approvazione della legge 194/1978, la sessualità della donna non ha più come unico sinonimo la maternità ma prende posto l’espressione del desiderio sessuale.
Maternità e seduzione sono state, ma lo sono ancora oggi, due “corazze” pesantemente collocate sul corpo e sulla sessualità femminile, difficili da scrollare di dosso. Quale donna, da bambina o da adulta, non è mai stata esposta a una serie interminabile di raccomandazioni rispetto a come si dovrebbe comportare e a come dovrebbe essere? : ‘Sei poco femminile, sembri un maschiaccio’. ‘Mettiti composta, dritta con la schiena e accavalla le gambe’. ‘Una donna non dovrebbe ridere così sguaiatamente’. ‘Non è bello sentire una ragazza dire parolacce’. ‘Chi bella vuole apparire, tante pene deve soffrire’. ‘Se esci scollata e con la gonna così corta ti salteranno addosso ‘. ‘Dovresti dimagrire’. ‘Ma quando ti sposi?’ ‘Alla tua età dovresti pensare ad avere dei figli’. Queste parole, che ci possono risuonare familiari, perché parte del repertorio educativo che probabilmente molte donne si saranno sentite ripetere in varie situazioni, hanno un comune denominatore: il corpo. Un corpo che deve apparire controllato, compiacente, piacevole, predisposto al sacrificio, pronto per affrontare la maternità come unica via per una piena realizzazione. Questa immagine stereotipata che interiorizziamo, si tramanda in una gabbia sociale ed emotiva dalla quale è difficile liberarsi, ma che non si nota quasi più perché normalizzata.
Spesso la cultura, la società e i mass media, raccontano e descrivono il corpo di una donna, non in favore delle giuste differenze rispetto agli uomini, ma attraverso stereotipi culturali portatori di una visione semplicistica e svalutante dell’identità personale e sociale che rafforza e sostiene i rapporti di potere, attribuendo alla donna il ruolo di madre e moglie vs di donna seducente ed erotizzata, all’uomo il ruolo dominante di lavoratore vs cacciatore di donne. Paradossalmente questa sovraesposizione del corpo porta alla sua scomparsa. La saturazione ci porta a non sentirlo più come parte di noi. Il corpo vissuto sparisce e prende il sopravvento l’immagine che ci è stata cucita addosso.
Il tentativo di controllare le scelte delle donne attraverso il corpo e l’ostentazione del rapporto di potere tra uomo e donna, che il corso della storia ha modificato, ma non abbastanza da cancellarne i tratti originari, alimenta una frammentazione e uno schiacciamento dei diritti, che sono terreno fertile per le discriminazioni e per le molteplici forme che la violenza di genere può assumere. Il processo di cambiamento dovrebbe coinvolgerci in tutta la nostra totalità passando dal corpo: nel corpo, la parola e il pensiero s’incarnano, diventano azione, movimento.
BIBLIOGRAFIA
Chimamanda Ngozi Adiche (2012). Dovremmo essere tutti femministi, Einaudi Editore, Torino.
Federica Castelli (2015) Corpi in rivolta. Spazi urbani, conflitti e nuove forme della politica, Mimesis, Milano
Michela Marzano (2014). Il diritto di essere io, Edizioni Laterza, Roma.
Michela Marzano (2010) Sii bella e stai zitta. Mondadori Editore, Milano.
Lea Melandri, Il corpo, la legge e le pratiche politiche del femminismo www.universitadelledonne.it
Luciana Percovich (2005). La coscienza nel corpo. Donne, salute e medicina negli anni Settanta, Fondazione Badaracco-Franco Angeli, Milano
The Boston Women’s Health Book Collective (1978). Noi e il nostro corpo scritto dalle donne per le donne, Feltrinelli, Milano.
scarica qui .pdf del numero di marzo 2017
Questo sito non costituisce testata giornalistica, non ha carattere periodico ed è aggiornato a seconda della disponibilità del materiale. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7/3/2001.