Violenza di Genere

La violenza di genere

Con l’espressione “violenza di genere” si intende la violenza che gli uomini agiscono nei confronti delle donne in quanto donne; è legata alla disparità tra i sessi e al desiderio di controllo e possesso da parte di uno sull’altra. Una violenza subdola, spesso difficile da riconoscere ed estremamente sottovalutata, in quanto, inserita nel tessuto sociale in cui viviamo e che può, quindi, essere compresa e contrastata solo a partire dalla sua ineliminabile specificità.

La violenza di genere è un fenomeno strutturale, in quanto basato sul genere, culturale poiché riflette e rafforza i ruoli che la società affida all’uomo e alla donna in base al loro sesso, trasversale perché riguarda ogni paese, etnia, età, religione, etc.

Frequentemente purtroppo, ancora oggi, la violenza non viene riconosciuta in quanto tale e uno degli atteggiamenti diffusi è quello di considerare le donne compartecipi della situazione violenta.

La responsabilità, però, è di uno solo: di chi la esercita. Nella violenza non c’è accordo, né esplicito né tacito, c’è, invece, una dinamica che nega la relazione e instaura una gerarchia.

 

Le varie tipologie di violenza di genere

Chiamiamo violenza domestica o maltrattamento intra-familiare (a differenza di quello extra-familiare) la violenza agita all’interno delle mura di casa: il contesto, quindi, è prevalentemente quello familiare e delle relazioni personali. Tale definizione evidenzia sia il luogo fisico dove la violenza avviene (la propria casa dovrebbe essere il luogo sicuro per ognuna e non quello della paura) sia il comportamento di sopraffazione, continuo e costante, posto in essere dall’autore della violenza. La violenza domestica, quindi, si caratterizza per la sua sistematicità e può includere attacchi verbali, psicologici e morali (es. vessazioni, intimidazioni, svalorizzazione, minacce, etc.); aggressioni fisiche e sessuali (es. strattonare, spingere, picchiare, obbligare a subire rapporti sessuali contro la propria volontà); atti di discriminazione (es. imporre alla donna se e cosa può mangiare, negare l’accesso all’istruzione, al mondo del lavoro e all’assistenza sanitaria) tali da incidere fortemente e negativamente, anche a causa della reiterazione di tale condotta, sul benessere psico-fisico della donna. La vittima finisce col credere di aver provocato reazioni ragionevolmente violente. Importante è invece ricordare che nulla può, in nessun caso, giustificare la violenza.
Chiamiamo stalking un insieme di comportamenti messi in atto da una persona nei confronti di un’altra persona per tentare di avere e/o recuperare un/il rapporto. Il persecutore o stalker può essere uno sconosciuto, ma il più delle volte è un conoscente (es. partner, ex-partner, collega, etc.) e vittime sono spesso le donne. Lo stalking include azioni, ripetute e intrusive, di sorveglianza, di controllo, di ricerca di contatto e comunicazione. Tipiche sono comunicazioni insistenti e indesiderate tramite telefono, segreteria telefonica, posta, sms, e-mail, messaggi lasciati sulla porta di casa o sul parabrezza della macchina e ancora, inseguimenti, pedinamenti, consegna di regali, etc. Tale condotta limita la libertà della persona e può assumere la forma di persecuzione vera e propria generando, nella vittima, uno stato di ansia e paura per la propria incolumità tale da compromettere il normale svolgimento della vita quotidiana.
Bambine e bambini possono essere vittime di violenza diretta, cioè agita direttamente nei loro confronti (qualsiasi forma di violenza o abusi), oppure vittime di violenza assistita in quanto spettatrici/tori della violenza agita da un genitore contro l’altro (es. ascoltare un padre che svaluta, umilia, minaccia, ferisce la propria madre). Esperienze traumatiche che, ripetute e protratte nel tempo, incidono negativamente sulla salute e sullo sviluppo di queste bambine/i.
Consideriamo molestie una serie di comportamenti indesiderati, in cui solitamente è il genere femminile ad essere discriminato e che hanno come obiettivo o come conseguenza la violazione della dignità della persona. Le molestie possono tradursi in mobbing, ma non necessariamente lo sono o lo diventano. Una molestia, infatti, può essere anche occasionale. Le molestie possono essere attuate in qualsiasi ambito della vita, non solo lavorativo, e includono una serie di atti verbali (es. frasi stereotipate; etc.), non verbali (es. scritti denigratori e offensivi; etc.), fisici (es. contatti fisici espliciti o impliciti; etc.). Singole molestie possono non configurare reato, ma avere comunque effetti negativi sulla salute della vittima.
Si definisce mobbing un insieme di azioni più o meno gravi (es. angherie, umiliazioni, insulti, emarginazione, aggressioni verbali e fisiche, etc.), attuate da una singola persona o da un gruppo verso un’altra, che prolungate nel tempo possono ledere la dignità nonché la salute psicofisica della vittima. Il mobbing può esprimersi in vari contesti, ma spesso viene agito in campo lavorativo, o dai datori di lavoro verso i propri dipendenti (mobbing verticale) o tra colleghi (mobbing orizzontale). Sebbene possa essere esercitato anche tra persone dello stesso sesso, il mobbing può essere considerato violenza sessista poichè, più frequentemente dei loro colleghi uomini, sono le donne a essere sottoposte a soprusi psicologici e fisici, pratiche vessatorie, e molestie di ogni tipo.
Con il termine stupro intendiamo la costrizione, tramite forza fisica o minacce, ad atti sessuali non voluti. Nella maggior parte dei casi, a stuprare sono gli uomini (da soli o in gruppo) e le vittime sono le donne. Non è lontana l’antica Grecia in cui la donna era considerata un “bottino di guerra” ed era prassi violentare le donne dei vinti. Ancora oggi, infatti, lo stupro è spesso usato nei conflitti e nelle guerre, come mezzo per sottomettere e umiliare le popolazioni sconfitte. Così come, ancora oggi, in particolare verso le lesbiche, sono agiti i cosiddetti “stupri correttivi”. Le stupro è un evento traumatico e può produrre danni (a breve, medio e lungo termine), anche irreversibili, per la salute e l’equilibrio psicofisico della vittima.
Chiamiamo tratta di esseri umani l’attività criminale di reclutamento, trasporto e alloggio di persone, tramite mezzi illeciti, finalizzata allo sfruttamento. Il più delle volte, le vittime sono trattenute e sfruttate attraverso l’impiego della minaccia e della forza oppure ottenendo il loro consenso con varie forme di coercizione (rapimento, frode, inganno, abuso di autorità o di una situazione di vulnerabilità). Esistono diverse forme di sfruttamento (sessuale, lavorativo, economico attraverso l’accattonaggio e, in estremo, la riduzione in schiavitù); qui parleremo dello sfruttamento sessuale poiché, più di tutti, legato al genere. Ad oggi, infatti, la maggior parte delle vittime sono donne, spesso anche minorenni, trattenute e costrette alla prostituzione dai loro trafficanti all’interno di un legame di debito, da estinguere, per il viaggio intrapreso.
Chiamiamo mutilazioni genitali femminili pratiche eseguite per motivi non terapeutici, come l’incisione e/o l’asportazione parziale o totale dei genitali femminili esterni, che compromettono sia la salute riproduttiva che la libertà decisionale rispetto alla propria sfera sessuale.
Per matrimonio forzato (riapratore o coatto) si intende un matrimonio in cui una o entrambe le persone coinvolte (minori o adulti) sono obbligate a sposarsi contro la loro volontà. Anche tale pratica, nel mondo, colpisce maggiormente le donne che gli uomini: in molte culture è l’uomo a scegliere la propria sposa, senza che la donna abbia la possibilità di opporsi; altre volte, invece, il matrimonio funge da “riparatore” dell’onore della famiglia (es. quando le donne sono costrette a sposare l’uomo che le ha stuprate).
Nel mondo, i matrimoni precoci sono un fenomeno che coinvolge, ogni anno, circa 14 milioni di bambine e ragazze. Una ragazza su tre (minore di 18 anni) e una bambina su nove (minore di 15 anni), è costretta, spesso dalla propria famiglia, al matrimonio con conseguenze fisiche ed emotive negative per la sua salute.
L’aborto selettivo fa riferimento alla selezione pre-natale delle nascite: esistono paesi in cui la forte pressione che le donne subiscono, da parte dei familiari, per avere un erede maschio, si traduce nell’obbligo, più o meno diretto, di aborto nel caso in cui, invece, si aspetta una femmina.
Con il termine femminicidio si fa riferimento all’uccisione di donne, da parte di uomini, per motivi basati sul genere. Una parola che sta ad indicare un preciso fenomeno sociale: un sotto-insieme del più generale concetto di “omicidio” (es. se un’autista perde il controllo dell’automobile e uccide una donna quello è un omicidio e non un femminicidio) e un sovra-insieme del concetto di “uxoricidio” (il femminicidio prescinde dallo status o meno di moglie).