“I, Tonya”, il film
di Zdenka Rocco
I, Tonya, di Craig Gillespie, con Margot Robbie, Sebastian Stan, Allison Janney. USA 2017
Donna e sport. Donna e stereotipi (di genere). Donna e aspettative: che tu sia femminile, aggraziata, esile; che ti sieda con le gambe ben strette, non dica le parolacce. Che tu esegua uno sport che valorizzi la tua grazia, come il pattinaggio artistico. Che se fai pattinaggio artistico, i tuoi capelli siano in ordine e i tuoi costumi omologati; le tue unghie smaltate di chiaro. Che tu sia elegante in pista. Poco sembra importare che la tua tecnica e la tua potenza ti facciano eseguire, prima donna in America, seconda al mondo, il triplo axel. Un salto seguito da tre rotazioni e mezzo, realizzato da poche donne al mondo. A oggi solo sei. Poco se la tua caratura atletica sembra incontenibile e difficile da imbrigliare in schemi fissi. Poco quando non riesci a incarnare – non vuoi incarnare? – un modello di femminilità, tradizionale e stereotipato, che ti vuole gentile e remissiva, figlia devota, moglie paziente. Poco, quando la tua esistenza non riesce a incarnare l’american way of life, il sogno americano fatto di patria, famiglia e barbecue. Famiglia, soprattutto.
Parliamo della pattinatrice su ghiaccio Tonya Harding. E del film I, Tonya che racconta tutto questo e molto altro ancora.
Tonya Harding è genio e sregolatezza: può eccellere in uno sport come il pattinaggio artistico? A guardare oggi le esibizioni delle pattinatrici possiamo sperare che molto sia cambiato dai primi anni ’90. Forse grazie anche Tonya? Lei prorompe con la propria genialità e cerca di infrangere le regole, gli schemi, certe rigidità che lo sport richiede. Certo, il rispetto delle regole e la necessità di conoscerle a fondo prima di poterle cambiare, è un assunto da cui non si può prescindere. Nello sport come in qualsiasi altro ambito. Tuttavia, è proprio grazie all’impulso creativo e innovativo di chi è geniale che qualsiasi disciplina (sportiva e non) può subire un’evoluzione. E Tonya è geniale. Lo è stata quando ha eseguito il triplo axel, prima donna americana a farlo, ai Campionati nazionali statunitensi del 1991.
Nel film di Craig Gillespie c’è tutto questo e c’è anche la vicenda dell’incidente occorso nel 1994 a Nancy Kerrigan, rivale di Tonya. Del coinvolgimento di Tonya Harding, con l’esito che la vide radiata dalla Federazione statunitense di pattinaggio. Per questo rimandiamo alla visione del film, tratto dalla vera storia di Tonya Harding e da “interviste assolutamente vere, totalmente contraddittorie e prive di qualsiasi ironia” con Tonya Harding, suo marito Jeff Gillooly, sua madre LaVona. Uscito nel 2017, Il film ha ottenuto, tra gli altri, tre candidature e un premio Oscar, due candidature e un premio ai Golden Globes.
Poi c’è la violenza, nel film come nella vita di Tonya Harding: violenza agita da una madre possessiva e sadica; violenza agita dal compagno Jeff manipolatore e maltrattante. E c’è per Tonya il bisogno e la ricerca di amore e compassione, che sembrano passare solo e soltanto attraverso la violenza. C’è il viola dei lividi sul viso di Tonya in pista, mal celati dal fondotinta; c’è il rosso del sangue lasciato da un proiettile sullo stesso viso, sangue ignorato dal poliziotto che interviene dopo l’ennesima aggressione di Jeff su Tonya. Non certo il volto adatto all’eleganza del pattinaggio artistico. E c’è la violenza del pugilato che diventa, almeno per un breve periodo, lavoro e ragione di vita per Tonya. C’è la violenza contro le donne e le bambine, nel film. E questa è un’altra storia, da continuare a raccontare.
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