La prostituzione è l’apice della violenza contro le donne
di Laura Grifi e Daniela Marcuccio
Abbiamo incontrato Siusi Casaccia, Maria Ludovica Bottarelli Tranquilli Leali e Francesca Romana Cocchi del Coordinamento Italiano della European Women’s Lobby
Cos’è e come agisce il Coordinamento italiano della European Women’s Lobby?
Il Coordinamento Italiano si muove sui temi posti dalla Piattaforma di Pechino, per perseguire l’uguaglianza tra uomini e donne, superando la violenza di genere, il gap che si traduce in marginalizzazione e povertà, le difficoltà delle donne nel mondo del lavoro; agiamo anche per raggiungere una maggiore presenza nella compagine e rappresentanza politica. Il Coordinamento si pone come interfaccia tra le l’attività di EWL che si svolgono a livello europeo nei confronti delle istituzioni comunitarie, Commissione e Parlamento, e l’ambito nazionale, ove si promuovono campagne di sensibilizzazione, anche in collaborazione con i coordinamenti degli altri Stati. Per fare un esempio, abbiamo promosso una campagna d’informazione e promozione della Convenzione di Istanbul, in collaborazione con il Consiglio d’Europa, attraverso conferenze stampa, comunicazioni, newsletter, con un’agenda che ha visto impegnati tutti i Coordinamenti nazionali ognuno nel proprio Paese. L’Italia è stata piuttosto diligente, ha ratificato tempestivamente la Convenzione, anche se il cammino non può ritenersi concluso e vari aspetti possono essere meglio definiti e aggiornati. Purtroppo, l’aspetto squisitamente normativo non basta, come ci rendiamo conto in questi giorni in cui i fatti di cronaca ci lasciano tutti sconvolti, per l’ennesima giovane donna uccisa dall’amantissimo ex-compagno.
Per quanto riguarda il tema della prostituzione, quali sono state le azioni della EWL?
Per quanto riguarda il tema della prostituzione, la Lobby lavora da alcuni anni, in collaborazione con il Parlamento Europeo, ma anche con una campagna autonomamente progettata e diffusa, con l’obiettivo di contrastare il sistema di mercato della prostituzione perché considerato, nel suo complesso e in ciò che esprime, come sfruttamento delle donne e di prostitute, oggetto di tratta. La Lobby sostiene il modello svedese, quel tipo di cornice normativa che prevede la non sanzionabilità della donna che si prostituisce e, per contro, la sanzionabilità dell’acquisto di servizi sessuali. Colpire la domanda significa operare sul mercato, che paradossalmente vede nei Paesi in cui la prostituzione è legalizzata il punto di arrivo della maggior parte delle donne oggetto di tratta. Un sistema alimentato anche attraverso i flussi migratori che sembrano non esaurirsi mai, quasi un percorso irrefrenabile, in cui condizioni di partenza di bisogno e disperazione muovono le persone.
Perché combattere la prostituzione significa lottare per la parità di genere?
Tutto il sistema che prevede lo sfruttamento delle donne avviate al mercato della prostituzione è la materializzazione e l’identificazione intrinseca della violenza sulle donne e della sproporzione di condizioni nella società tra uomini e donne. A parte l’altissimo tasso di violenza diretta o fisica che subiscono le prostitute, dichiarata anche da coloro che si esprimono come libere nell’esercizio dell’attività, in questo tipo d’interazione si esprime il massimo della violenza possibile: l’uso della donna come oggetto e l’annullamento della dignità e della personalità femminile. Il sistema stesso esprime questo tipo di relazione gerarchica e di esercizio di potere, attraverso il denaro.
A proposito del documento “18 miti sulla prostituzione” elaborato dalla EWL, ci sembra che esista una narrazione della prostituzione costruita per nascondere la reale condizione di schiavitù delle donne. Quali parole dovremmo usare per parlare di prostituzione?
Al di là di quali parole, dovremmo riflettere a quante parole vengono utilizzate: il messaggio mediatico ha una sua forza data dalla ripetitività e dall’invasività. La televisione, per esempio, ha canali dedicati in cui si espone l’immagine della prostituta che racconta, a chi paga, quanto è bello fare questo “mestiere”. Il messaggio va da “ti posso comprare” a “devi darmi quello che chiedo, altrimenti posso farti del male”. Oggi abbiamo un linguaggio monocorde per cui ogni azione deve essere produttiva e di utilità economica. Dovremmo, invece, promuovere un’educazione all’intangibilità del corpo femminile e alla relazione non come esercizio di potere, ma di rispetto. Dovremmo sottrarre la relazione a una valutazione economica.
In Europa cosa sta cambiando rispetto alla prostituzione?
In Germania c’è in atto un ripensamento, visto il risultato che si è ottenuto con la legalizzazione, anche se non siamo in grado di valutare di che portata. Da parte governativa si hanno alcuni accenni verso ipotesi di regolamentazione più restrittiva, per esempio per una maggiore tutela delle minori. Una volta aperto il percorso della legalizzazione, però, gli interessi in campo sono talmente forti, che il dibattito spesso sembra un esercizio di stile, piuttosto che di politiche di governo. Anche in Olanda ci sono delle critiche alla situazione esistente e sono state formulate proposte di modifica della normativa. C’è quindi un ripensamento, ma non ancora un intervento. Nella crisi generale che c’è oggi in Europa, l’aspetto della tutela dei diritti ha il fiato corto.
In Italia come dovremmo intervenire? Qual è la vostra proposta?
La proposta di base è riuscire ad arrivare alla sanzionabilità del cliente, ma credo che siamo ancora lontane perché un paio di disegni di legge presentati in Italia vanno proprio nella direzione opposta. C’è uno strano timore di ragionare in termini di diritti come visione generale della società. Le campagne promozionali sono più per la legalizzazione e ci si interroga poco sugli interessi che può smuovere questo tipo di indirizzo. Il problema è che, parlando di prostituzione, spesso si estrapola il fenomeno dal suo contesto più generale: la violazione dei diritti umani, in particolare delle donne, in un’ottica di mercificazione dei corpi e delle relazioni. Si parla di diritti sul piano individuale, ma raramente si valuta il fenomeno nella sua portata complessiva, analizzando in che modo la nostra società si struttura, si organizza, che cosa tutela e che cosa invece lascia si verifichi come esperienza negativa. C’è, peraltro, una proposta intermedia di modifica del sistema normativo, che in Italia andrà valutata in maniera più approfondita e che prevede d’istituire la prostituzione forzata come fattispecie di reato autonomo, poiché è complicato ad oggi istruire processi per tratta, a causa della difficoltà ad ottenere la collaborazione con le parti lese, finchè ancora vulnerabili. Questa proposta mira a dare una voce sufficientemente libera alle donne vittime di tratta, che invece in questo momento affrontano troppe difficoltà nel percorso di uscita dal fenomeno.
Dal punto di vista culturale c’è ancora molto lavoro da fare per affermare che la prostituzione non è una condizione di libertà e desiderio delle donne?
Il libero esercizio non è vietato, ma considerare la prostituzione al pari di qualunque attività economica e con pari dignità è difficile da riconoscere. Al di là delle valutazioni individuali, il sistema generale della prostituzione al 99,9% è costruito a favore degli sfruttatori. Anche nel meccanismo dei bordelli legalizzati tedeschi, il controllo e la verifica di quanto le donne che ci lavorano siano o meno esposte agli sfruttatori ha le ali spuntate per un qualunque sistema di controllo.
Qual è la situazione delle associazioni italiane, con cui avete dialogato, attive sul tema della prostituzione?
La situazione italiana è variegata, esiste una rete di associazioni femministe che aderisce alla nostra posizione. C’è molta frammentazione in generale, però, e in questo momento storico, le varie reti si compongono e scompongono abbastanza velocemente. C’è un comparto, anche in ambito femminista, che è rimasto aderente alla politica di legalizzazione come affermazione dei diritti individuali. C’è un’attenzione della politica, abbastanza lontana dalla posizione EWL, che persegue interessi di decoro e sicurezza pubblica, e la cui attenzione effettiva ai diritti a nostro parere è più sbandierata che verificata sul campo. La rete sarebbe un punto fondamentale, l’attivismo per i diritti e per l’uguaglianza, dal lavoro in rete e dall’unione delle forze riceve maggiore visibilità, attenzione e capacità d’intervenire sul contesto. La European Women’s Lobby, come il Coordinamento italiano, nasce come piattaforma che convoglia le azioni di associazioni diverse ed autonome tra loro. Collaborare in una piattaforma non significa quindi perdere indipendenza, ma dare maggiore forza e impatto politico alle battaglie comuni.
Perché è importante combattere la prostituzione sia per le donne che per gli uomini?
Per una civiltà migliore, come conquista di una relazione paritaria e rispettosa; dovremmo chiederlo anche agli uomini. Si fa fatica perché ci sperimentiamo e siamo educati a percorsi radicati in forma di rapporto gerarchico. Da una relazione paritaria deriva un appagamento diverso, che arricchisce tutti i partecipanti e la società.
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