IN RICORDO DI LIDIA MENAPACE
di Daniela Marcuccio
Io l’ho conosciuta.
Ho di Lidia Menapace un ricordo ben saldo nella memoria perché riferito agli anni della faticosa scoperta di me. Correva il 1982: nell’arduo avvio del percorso universitario da fuorisede approdata a Roma, avevo cominciato a frequentare il Centro Culturale Virginia Woolf presso la Casa internazionale delle donne in via del Governo Vecchio, avida di sapere. Lidia Menapace, che non conoscevo, teneva un corso sulla Mistica di Santa Teresa D’Avila ed io lo scelsi tra i tanti, in cerca di risposte o forse di altre domande sulla fede. Mi piacque moltissimo quel ragionare sull’esperienza estatica come rivendicazione di uno spazio proprio, di una stanza tutta per sé dello spirito e del corpo. Fu in quell’occasione che scoprì anche il suo testo di Economia della differenza sessuale, che in breve tempo acquistai e cominciai a studiare per dare risposte ai tanti dubbi che il corso accademico di Economia Politica aveva sollevato, lasciandoli inevasi.
“Ciò che mi propongo” – scrive Lidia – “è di dimostrare che tutte le scienze, e forse in particolare l’economia e l’etica, non hanno alcun fondamento oggettivo cogente, e sono invece fondate sulla necessità di dominio e di organizzazione di un dato assetto storico”. Era la risposta che cercavo: ridiscutere l’inconfutabilità delle grandezze economiche sostenendone la relatività, in funzione della giustificazione di assetti di potere. Cominciai a seguirla ritrovandola nella redazione del “il manifesto” che nel frattempo era divenuto il mio quotidiano. La ritrovai in me da pacifista coerente…partigiana della pace!
Da parlamentare con il Gruppo di Rifondazione Comunista nella Legislatura 2006/2008 guidò infatti la Commissione di inchiesta sull’uranio impoverito usato nelle ipocrite nonsense guerre umanitarie del dopo caduta Muro di Berlino.
Tutte le informazioni lette sui quotidiani in questi giorni confermano il suo essere stata con coerenza contro ogni razzismo, fascismo, dominio e sfruttamento, soprattutto quello denunciato dai movimenti femministi.
Appartengono a lei il “fuori la guerra dalla storia” e “il femminismo è un fiume carsico” che scorre e avanza anche quando apparentemente non si vede. Non utopie ma progetti politici da vivere partendo innanzitutto da sé.
La incontravo spesso sulla linea bus 62 dalle vie centrali di Roma direzione Piazza Bologna: come hanno scritto i giornali si spostava molto, sempre utilizzando il trasporto pubblico.
Io l’ho vista! La riconobbi subito e cercai il suo sguardo. Lei sentì evidentemente la mia presenza su di lei perché alzò gli occhi e mi sorrise con la complicità della sorellanza.
Mi aveva riconosciuta.
—
Lidia Brisca Menapace*
Nata a Novara nel 1924, Lidia fu partigiana ed è stata partigiana per tutta la sua vita. Negli anni ’50 la militanza politica la portò alla Democrazia Cristiana: una convinta cattolica con l’acume critico di studiosa marxista. Nel 1964 fu la prima donna eletta nel Consiglio provinciale di Bolzano, città dove era giunta nel 1952, con la carica di assessora agli Affari sociali. Il Movimento del ’68 la vide in prima fila accanto al movimento operaio, a studenti e donne: si sa che durante una occupazione fu portata via a spalla dalla polizia. Si allontanò dalla Democrazia Cristiana nel 1969 per intrecciare il suo percorso con quell’eresia della sinistra tenacemente critica che fu il collettivo de “il manifesto”, quotidiano ancora oggi “voce solitaria di un continuo, coerente e coraggioso dissenso verso le logiche del potere che sfrutta e umilia la persona”. Con “il manifesto” sposò anche il pacifismo che la vide parlamentare per Rifondazione Comunista nella breve legislatura 2006- 2008. Continuò a militare sempre nell’ANPI e per l’ANPI. Da subito fu femminista, cogliendo, tra le prime, la necessità di attraversare l’emancipazione per approdare al femminismo della differenza.
Per un vero cambiamento, diceva, l’ottica maschile seppur sinistrissima non basta. Con lo stesso sentire di Virginia Woolf ”lo sguardo della donna vede e raccoglie altre tracce di verità”.
*le notizie biografiche in “Quando la politica è bella”, Vincenzo Vita – il manifesto 8 dicembre 2020
Commenti recenti