Un’altra solidarietà maschile
di Stefano Ciccone, Maschile Plurale
Un percorso di cambiamento maschile non può non misurarsi con il fatto che gli uomini sono il riferimento della norma, i detentori di potere e privilegi. Questa posizione ci costringe a ripensare le parole e i gesti: la solidarietà tra donne, l’autovalorizzazione femminile contro il dominio simbolico maschile, l’orgoglio del movimento lgbt in un mondo che stigmatizza l’omosessualità non possono essere risorse per esprimere il cambiamento degli uomini. Non dovremmo, peraltro, accettare il racconto caricaturale che ci viene fatto sul femminismo: la rottura operata dalle donne non valorizzò le “qualità femminili” e non intendeva “competere” con gli uomini ma, anzi, partì dal rompere la complicità femminile con valori, rappresentazioni e desideri stereotipati.
La “solidarietà maschile” ci suona subito, comprensibilmente tesa a difendere un privilegio: una postura paternalistica, ironica e compiaciuta di svalutazione della parola femminile. La solidarietà maschile appare il darsi di gomito e dirsi: “sai come sono fatte le donne”, la tendenza a giustificare comportamenti maschili spacciati per “trasgressivi” e spesso solo conformisti.
Questa collusività tra uomini non agisce solo come “alleanza” per controllare le donne, ma anche come dispositivo di controllo tra uomini: prevede che ogni uomo si conformi a modelli e comportamenti da cui dipende il suo riconoscimento. Sin da piccoli siamo incalzati a dimostrare di essere uomini, di non essere “femminucce”, di essere “come tutti gli altri uomini”. Un’affermazione di identità che chiede, paradossalmente, omologazione. “Il cerchio degli uomini”, dalla partita di calcetto alle più alte istituzioni scientifiche, politiche e religiose, esclude le donne, conferisce identità agli uomini e mescola solidarietà e gerarchia, gregarismo e competizione: più difficile l’intimità, lo scoprirsi, il riconoscimento della propria vulnerabilità.
È possibile “un’altra solidarietà” tra uomini? La solidarietà può essere una risorsa politica?
Il cambiamento maschile non può avvenire solo per “assunzione di responsabilità”, per volontaristica adesione ai dettami del “politicamente corretto”. Soprattutto, la rottura della collusività maschile non può produrre il suo complemento: la distinzione tra uomini buoni e non, tra “giudici” e giudicati. È necessario riconoscersi parte di un universo comune nel quale agire conflitti, rompere complicità, ma senza facili estraneità e innocenze, senza nuove gerarchie tra “civilizzati” e non.
Potremmo pensare a una solidarietà, ad esempio, capace di rompere la pressione della complicità virile e sostenga il ragazzino preso in giro, chiamato “checca” o “finocchio”? Sarebbe una diversa solidarietà maschile che aprirebbe spazi di libertà anziché riprodurre conformismo. La storia maschile non è solo storia di dominio: è anche storia di relazioni di solidarietà che rompono gerarchie e relazioni di potere. Per creare cambiamento è necessario creare spazi di ascolto tra uomini, costruire relazioni nuove.
Oggi il cambiamento nelle relazioni tra i sessi è raccontato troppo spesso come minaccia per l’identità, il ruolo e la libertà degli uomini. Minaccia contro cui spesso viene invocata una solidarietà maschile revanscista e misogina. È possibile ascoltare questo disagio e la sofferenza maschili di fronte al cambiamento senza cadere nella complicità collusiva, nella reazione vittimistica e frustrata?
Solo riuscendo a vedere quanto, questo cambiamento, renda possibile anche una nuova qualità nella vita degli uomini, nelle loro relazioni, nella loro sessualità. Il cambiamento come opportunità, come spazio di libertà e, perché no, anche di una diversa e più libera solidarietà tra uomini.
scarica qui .pdf del numero di maggio 2018
Questo sito non costituisce testata giornalistica, non ha carattere periodico ed è aggiornato a seconda della disponibilità del materiale. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7/3/2001.