7 minuti, di Michele Placido (Italia/Francia/Svizzera, 2016)
di Giusy Coronato
A Latina, in una fabbrica tessile tutta al femminile, oggi non si lavora. Oggi si decide il futuro della fabbrica. C’è un’acquirente, un’azienda francese e c’è un’unica richiesta per chiudere l’accordo: nessuna delle operaie verrà licenziata se il consiglio di fabbrica darà il consenso a rinunciare a sette dei quindici minuti della pausa pranzo. Solo sette minuti! Undici donne si ritrovano a dover decidere del loro futuro e di quello di altre 300 operaie che le aspettano lì, fuori dalla fabbrica. Donne diversissime fra loro, ognuna con la sua personale battaglia che, in questo microcosmo femminile, rispecchiano quelle della società odierna: c’è la mamma con quattro figli e il marito disoccupato, c’è la donna vittima di violenza domestica e quella che subisce molestie dal suo capo. C’è la ragazzina al suo primo lavoro e la ragazza incinta; c’è la donna straniera, c’è la mamma in carrozzina. Tutte insieme per prendere una decisione che sembra così semplice e naturale: cosa sono sette minuti rispetto alla sicurezza di un lavoro? Scena dopo scena, però, le riflessioni si fanno più profonde: le idee, i diritti, la dignità, il peso della storia passata, la responsabilità del futuro iniziano a penetrare nei discorsi e nella narrazione delle proprie vite. Le donne si fermano e parlano, si confrontano, scavano a fondo e vanno oltre l’apparenza. Spesso i toni si alzano, i pregiudizi vengono a galla e si scagliano contro con parole che diventano macigni, riflessi dei più comuni stereotipi odierni. Solo come succede fra donne, quando l’empatia e la solidarietà la fanno da padrona, le mani si stringono, ci si immedesima nella storia dell’altra, che non è né meglio né peggio della tua, è solo diversa. Un film coinvolgente, tratto da una storia vera, dal 3 novembre al cinema.
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