194: il punto di vista dell’ostetrica
di Cristina Fortini
La prima immagine che mi viene in mente pensando all’interruzione volontaria di gravidanza è un ventaglio di volti, di occhi, di sguardi di donne, uguali e diverse. Alcune di loro arrivano in Consultorio con le lacrime già pronte a esondare, altre sicure e determinate portano con sé la consapevolezza di una scelta già compiuta.
Sicuramente decidere di interrompere una gravidanza è un evento importante che avrà una pesante influenza sul futuro di quella donna, ma sarebbe erroneo definirlo a priori come doloroso. Il diritto di scegliere per la propria vita riproduttiva è appunto un diritto e non richiede, per poterlo esercitare, l’espiazione di una colpa attraverso il dolore. Ritengo che questa precisazione sia fondamentale quando si parla di aborto perché è una “trappola” nella quale spesso si cade anche nell’intento di difendere la legge che lo rende possibile. L’esperienza di ogni donna è diversa e porta con sé tantissime emozioni, tutte legittime, ma il punto focale è l’autodeterminazione e la possibilità per ognuna di scegliere sul proprio corpo.
Come professionista sanitaria la salute delle donne è la mia prima preoccupazione ed è anche per questo che difendo la legge 194/78: la sua introduzione ha permesso di eliminare quasi completamente il ricorso agli aborti clandestini, salvando la vita di tantissime donne. Va inoltre considerato che le interruzioni di gravidanza hanno avuto, fatta eccezione del periodo dal ’78 all’82, un andamento in costante calo determinando una riduzione del 36% del ricorso a questa pratica (dati del Ministero della salute aggiornati al 2016). Analizzando la situazione da questo punto di vista, le istituzioni e i mezzi che fino ad ora sono stati maggiormente di “aiuto alla vita” sono proprio i consultori e la garanzia dell’applicazione della legge sull’aborto; la vita è stata invece messa in pericolo dove, a causa dell’obiezione di coscienza, le donne sono state abbandonate. Come politica o amministratrice non avrei dubbi in merito all’assegnazione delle risorse per favorire la salute delle donne e dei bambini, ma considerando i recenti fatti di attualità non credo sia così immediato per la nostra classe politica.
È innegabile che uno degli obiettivi per migliorare la salute delle donne sia quello di ridurre al minimo il ricorso all’interruzione di gravidanza, ma il mezzo per ottenere questo risultato deve essere la riduzione delle gravidanze indesiderate, non la loro prosecuzione fino al termine. Ciò è possibile solo tramite una corretta educazione sessuale-affettiva e un accesso semplificato ai metodi contraccettivi. Non è possibile pensare che le cure termali per le riniti allergiche siano fruibili mediante ticket sanitari, mentre i contraccettivi ormonali sono a completo carico delle donne che scelgono una vita riproduttiva responsabile. Alcune regioni virtuose, come la Toscana, l’Emilia-Romagna e la Lombardia, da quest’anno hanno proposto la distribuzione di metodi contraccettivi di ogni tipo in maniera gratuita per alcune fasce di donne e credo che nei prossimi anni vedranno i risultati di questo approccio.
Come ostetrica mi sento in dovere di essere accanto alle donne, di accompagnarle nelle loro scelte e di sostenerle con tutti i mezzi necessari, purtroppo l’accesso alle cure in Italia non è equo e omogeneo, ma ognuna di noi dovrebbe pretendere di essere ascoltata e rispettata. Per questo come donna credo di dover lottare affinché i nostri diritti vengano garantiti e nessuno pensi di poter decidere sul nostro corpo.
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Mi chiamo Cristina e sono un’ostetrica.
Mi sono laureata in Ostetricia nel 2015 a Bologna e avendo a cuore la battaglia per i diritti delle donne ho deciso di dedicare un anno di Servizio Civile proprio a questo, operando all’interno di un centro antiviolenza. Tale esperienza mi ha permesso di incontrare donne meravigliose e mi ha aperto gli occhi su molti aspetti, lasciandomi anche lo spazio di crescere e cambiare le mie idee.
Da un anno lavoro in Trentino all’interno di un consultorio familiare. Nell’immaginario comune l’ostetrica sta in sala parto e “fa nascere i bambini” ma nel mio lavoro ogni giorno incontro donne di tutte le età e provenienze, a partire dalle adolescenti delle scuole superiori per finire alle donne in menopausa, passando per le mamme in gravidanza o in allattamento. È una realtà molto ricca e stimolante che mi permette di stare accanto alle donne in mille modi diversi perché ogni utente è una sfida e allo stesso tempo un’opportunità di crescita.
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